La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rtms) per il trattamento delle tossicodipendenze
La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva è uno dei più efficaci trattamenti che sono stati sviluppati nel corso degli ultimi anni per contrastare le tossicodipendenze. Secondo la Relazione Annuale al Parlamento sul Fenomeno delle Tossicodipendenze in Italia, nel nostro Paese l’uso di droghe causa quasi un morto al giorno. Nel 2013, il dottor Antonello Bonci con la collaborazione del suo staff ha eseguito un esperimento sulla dipendenza da cocaina che ha coinvolto i ratti. Fondamento di questa ricerca è un tipo di trattamento, conosciuto con il nome di optogenetica, che prevede di tracciare circuiti neurali all’interno del cervello grazie alla combinazione di tecniche genetiche e ottiche.
L’esperimento del dottor Antonello Bonci
Lo studio si è basato sull’introduzione di canaldropsine, che sono cellule molto sensibili alla luce, all’interno del cervello dei ratti. Queste cellule in seguito sono state attivate grazie all’impiego di uno stimolo luminoso. Mediante tale tecnica è stato possibile verificare che la porzione di corteccia pre-limbica nei ratti con dipendenza da cocaina era caratterizzata da una limitata eccitabilità. Inoltre il ricorso all’optogenetica per la stimolazione in vivo di questa porzione contribuiva a renderla più attiva, il che comportava una diminuzione delle condotte compulsive legate alla ricerca della droga. Questo esperimento si è dimostrato molto innovativo e ha dato il là a nuove linee di trattamento per il fenomeno della tossicodipendenza.
Dagli studi sui ratti ai trattamenti sull’uomo
Dopo questa ricerca, in effetti, si è sviluppato un certo interesse in direzione di tale metodica, anche per provare a capire in che modo fosse possibile replicare sull’uomo i risultati in questione. Nel nostro Paese, il dottor Luigi Galimberti è stato uno dei primi a compiere degli studi per capire come fosse possibile raggiungere quegli stessi risultati che erano stati riscontrati sugli animali. Medico specializzato in tossicologia e psichiatria, si basò sul ricorso alla stimolazione magnetica transcranica ripetitiva, che per altro era già nota e usata per il trattamento della depressione e di altri disturbi. Questa tecnica di stimolazione elettromagnetica è non invasiva e può coinvolgere tutto il sistema nervoso, a cominciare dal cervello. È possibile, così, studiare in che modo funzionano le connessioni neurali e i circuiti nel cervello, originando una piccola lesione transitoria che non permette alla porzione oggetto di studio di funzionare.
Gli effetti della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva
Si tratta di una tecnica di stimolazione cerebrale attraverso la quale è possibile inibire o eccitare delle porzioni focalizzate di corteccia cerebrale; ciò avviene per mezzo della realizzazione di un campo magnetico. In pratica, nel punto in cui giunge il campo magnetico, il campo stesso genera una corrente elettrica che attiva i neuroni in maniera artificiale. La stimolazione causa una interferenza locale e momentanea rispetto alla normale attività cerebrale e, di conseguenza, ai processi di elaborazione che avvengono nell’area cerebrale che viene sottoposta a stimolazione. Con il ricorso a una bobina ci sarebbe la possibilità di alterare il funzionamento neurale che svolge un ruolo importante sia in relazione al desiderio della sostanza che per ciò che riguarda le condotte di ricerca compulsiva. Il carattere non invasivo di questo metodo è senza dubbio un aspetto a suo favore, ma vale la pena di mettere in evidenza anche la modifica dell’attività elettrica cerebrale senza provocare il minimo dolore.
Le prove di efficacia
La scelta della rtms (sigla con la quale viene indicata la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva) come trattamento contro la tossicodipendenza si basa su uno specifico protocollo clinico che comporta l’applicazione di un set di ripetuti impulsi al fine di intervenire sul livello di eccitabilità delle porzioni che vengono stimolate e delle parti del cervello che sono connesse sia dal punto di vista funzionale che a livello anatomico. Gli effetti elicitati dall’uso della stimolazione derivano da meccanismi di neuroplasticità e di adattamento. In relazione alle prove di efficacia, a partire dallo studio pilota iniziale i risultati che sono stati conseguiti hanno destato previsioni rosee a proposito della significatività di questo trattamento e della possibilità di applicarlo. La collaborazione fra il dottor Galimberti e il dottor Bonci nel 2015 ha permesso di realizzare una ricerca che aveva il fine di appurare se l’utilizzo di cocaina da parte di un essere umano potesse essere limitato o addirittura evitato con la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale.
Lo studio del dottor Bonci e del dottor Galimberti
La prima fase della ricerca è durata più o meno un mese e ha visto il coinvolgimento di 32 persone con una dipendenza da cocaina, che sono state assegnate al gruppo di controllo o al gruppo sperimentale in maniera casuale: nel primo non si usava la stimolazione transcranica ma si ricorreva ai farmaci; nel secondo, invece, si eseguivano sessioni della durata di dodici minuti con la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale. La seconda fase è stata rappresentata da un follow-up di poco più di due mesi nel corso del quale tutti e 32 i pazienti sono stati sottoposti alla stimolazione. Ebbene, i risultati hanno messo in evidenza che nel gruppo sperimentale i test delle urine antidroga erano negativi in misura molto più elevata rispetto a quanto riscontrato nel gruppo di controllo, dove il desiderio di cocaina era molto più elevato.
I risultati della ricerca
I soggetti che hanno portato a termine la prima fase nel gruppo di controllo e che poi nella seconda fase sono stati sottoposti a un trattamento di stimolazione con la rtms hanno messo in evidenza un consistente miglioramento con risultati non molto diversi da quelli del gruppo sperimentale. Un altro aspetto interessante ha a che fare con la mancanza di significativi eventi avversi dovuti al ricorso alla rtms. Per quanto riguarda l’individuazione della corteccia prefrontale dorsolaterale come punto oggetto di stimolazione, tale decisione deriva dalla constatazione che questa sembra essere l’area più importante per i comportamenti associati al rischio, per il controllo cognitivo delle emozioni e per i processi decisionali. Attraverso degli studi di neuroimaging, tra l’altro, si è notato che nei pazienti tossicodipendenti le funzioni della corteccia prefrontale dorsolaterale sono alterate.
Che cosa succede con la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale
Nel momento in cui viene stimolata l’attività elettrica di questo sito, si dovrebbe essere in grado di ripristinare il rilascio di dopamina e il funzionamento del sistema di ricompensa, che sono due fenomeni che nelle persone che abusano di sostanze risultano compromesse. Quindi, la tms permette di conseguire più di un obiettivo: non solo un miglioramento dei meccanismi di inibizione dell’impulsività e di autocontrollo, ma anche – appunto – il ripristino dei livelli di funzionamento ottimali della dopamina e del sistema della ricompensa. Senza dimenticare, poi, l’inibizione dell’attività dei sistemi cerebrali che mediano il desiderio della cocaina.
La tomografia a emissione di positroni
A proposito del ripristino dei livelli normali di dopamina e di funzionamento del sistema di ricompensa, alcune ricerche hanno previsto l’abbinamento della rtms con la pet, vale a dire la tomografia a emissione di positroni, che offre la possibilità di misurare il rilascio di dopamina. I risultati che sono stati ottenuti hanno consentito di scoprire che grazie al trattamento di stimolazione viene favorito il rilascio di dopamina all’interno del nucleo caudato. In questo sito cerebrale, nei pazienti dipendenti, è proprio la modesta produzione di dopamina che, con tutta probabilità, rappresenta la causa più importante di anedonia, vale a dire la limitata capacità di percepire piacere. In più, grazie alla modulazione nella corteccia cingolata anteriore e orbitofrontale della neurotrasmissione della dopamina è possibile aumentare la capacità di inibizione del desiderio, con effetti sulle condotte compulsive di ricerca.
Impiego della metodica rtms
In questo settore le neuroscienze avrebbero la necessità di un maggior numero di prove di efficacia, magari ancora più forti. Quando si fa riferimento alla tossicodipendenza è inevitabile tenere conto della componente biologica, ma a patto che essa non venga considerata in via esclusiva. Di conseguenza l’impiego della metodica rtms, pur essendo in prospettiva un trattamento funzionale e con un certo livello di efficacia, merita di essere preso in considerazione unicamente a patto che il paziente venga preso in carico nella sua interezza. Servono, pertanto, dei percorsi di psicoterapia che non possono prescindere dalla storia di vita, dalle aspettative e dalle necessità di ogni soggetto.
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